2.1.4 Gli italiani presenti alle conferenze del Bilderberg
Fare un ragionamento sui settori che prevalgono è reso complicato dal fatto che alcuni dei partecipanti hanno una “personalità multipla”, professionalmente parlando, cioè cambiano da un incontro all’altro ruolo e settore. Si tratta di un’altra dimostrazione di come nel Bilderberg conti molto la persona, visto che è un club cui si viene invitati – più precisamente cooptati – sulla base delle conoscenze personali e grazie all’appartenenza ad uno specifico network internazionale. Franco Bernabè, Mario Draghi, Mario Monti e Tommaso Padoa Schioppa sono dei veri “fregoli” dell’élite mondiale, capaci di cambiare vestito svariate volte nell’arco di pochi anni. In particolare, Franco Bernabè nel 2000 figura come Rappresentante italiano per la ricostruzione del Kosovo. Nel 2001 è presentato con quattro differenti cariche, Rappresentante italiano in Kosovo, Ceo della sua Franco Bernabè & C., un fondo di investimento specializzato nell’Ict, membro dell’International board del World Economic Forum, una organizzazione simile al Bilderberg che riunisce annualmente a Davos i principali capi aziendali e politici del mondo, e membro del Board del Peres Center for Peace, una Ong basata a Jaffa in Israele, il cui obiettivo ufficiale è promuovere la pace e lo sviluppo economico in Medio Oriente. Nel 2003 figura solamente come Ceo della Franco Bernabè & C., mentre tra 2004 e 2007 appare come vicepresidente di Rothschild Europa, e, infine, tra 2008 e 2012 come Ceo di Telecom Italia. Di Monti e Padoa-Schioppa abbiamo detto sopra, ci limitiamo a ricordare il loro girare vorticoso dalla politica e dalla burocrazia nazionale ed europea, alle grandi imprese, alla finanza, ai think tank e all’università. Draghi si presenta nel 2001 come Presidente del Comitato economico e finanziario del Consiglio Ue e come direttore generale del ministero del Tesoro; nel 2002, 2003 e 2004 come vicepresidente e managing director di Goldman Sachs International; nel 2008 e 2009 come governatore della Banca d’Italia. Giulio Tremonti si presenta nel 2000 come deputato e membro della Commissione finanze della Camera, nel 2004 come ministro delle finanze, nel 2006 e 2007 come vicepresidente della Camera dei deputati e nel 2009 di nuovo come ministro delle Finanze. Domenico Siniscalco nel 2004 come direttore generale del ministero dell’economia, nel 2005 come ministro delle finanze nel governo Berlusconi e nel 2009 come vicepresidente di Morgan Stanley International. Paolo Scaroni tra 2003 e 2005 come managing director e Ceo di Enel e nel 2006, 2010 e 2011 come Ceo dell’Eni. Si potrebbe dire che la frequentazione del Bilderberg aiuta a fare carriera, come del resto abbiamo notato precedentemente. Qualche volta si riscontra anche una curiosa coincidenza tra l’invito al Bilderberg e la successiva entrata nel top management di banche internazionali (Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan, Rothschild, Schröder), casualmente interne al network del Bilderberg. Ma accade anche il contrario, come nel caso di Renato Ruggero, invitato nel 2000 come vicepresidente del fondo d’investimento Schröder (della famiglia presente nella proprietà di «The Economist»), e nel 2001 nominato ministro degli esteri, per non dire di Monti e Padoa Schioppa e dello stesso Draghi, che passa dalla burocrazia ministeriale, alla finanza privata per tornare allo Stato e poi ad un organismo sovrannazionale (Bce). In ogni caso,per il Bilderberg sono passati tutti i ministri delle finanze dei governi italiani, prima e durante il loro incarico, degli ultimi 13 anni e due governatori della Banca d’Italia, Ignazio Visco prima dell’incarico e Draghi prima e durante il suo incarico. Ma non Fazio, contro il quale si schierò Siniscalco e che era appoggiato da Berlusconi. La presenza dei titolari e di alti funzionari del Ministero dell’economia e della finanze (Mef) è fondamentale, perché questo ministero, come scrive Marco Panara (commentatore economico de «la Repubblica» e invitato al Bilderberg nel 2003), «è il luogo di massima concentrazione del potere che c’è in Italia, dove si fanno le nomine nelle cosiddette ex partecipazioni statali, si fanno le politiche, si dà e si toglie spazio (e risorse) a ministeri e ministri, decidendo di fatto le fortune e sfortune politiche di questi ultimi».
Ad ogni modo, tenendo presenti le «personalità multiple», sulle 91 presenze riscontrabili in 13 anni, 30 sono attribuibili all’industria, 23 alla banca e alla finanza, 16 alla politica, 12 a think tank e università, 3 alla consulenza e 7 al giornalismo e ai mass media. I gruppi industriali-finanziari presenti sono quelli del “salotto buono” del capitale italiano, altrimenti detto «Galassia del Nord», quello che si ritrova nel patto di sindacato che controlla Rcs-Corriere della Sera, con l’esclusione, per intenderci, di Mediaset e Berlusconi. Molto presente è la Fiat, con il passaggio di testimone all’interno del Bilderberg da Gianni e Umberto Agnelli, al nipote John Elkan. È presente nel 2000 anche Paolo Fresco, allora presidente della Fiat, uomo legato al grande capitale Usa e membro del triumvirato che dirigeva la General Electric, una delle maggiori multinazionali del mondo. Del “salotto buono”, ci sono anche Mediobanca, che per anni ne è stata il perno, con Gabriele Galateri di Genola, un altro uomo Fiat essendo stato amministratore delegato dell’Ifil, la finanziaria della famiglia Agnelli; e Intesa San Paolo, il primo gruppo bancario italiano con sede a Torino, città della Fiat, rappresentato al Bilderberg da Corrado Passera, successivamente diventato ministro dell’industria nel governo diretto dal solito Monti. A questi vanno aggiunti Gianni Riotta, opinion maker e giornalista de la Stampa di Torino, di proprietà della famiglia Agnelli, e del Corriere della Sera, e Ferruccio de Bortoli, Ceo di Rcs libri e successivamente direttore del Sole24ore e oggi del Corriere della Sera. Del patto di sindacato di Rcs c’è anche Marco Tronchetti-Provera, presidente della multinazionale italiana Pirelli. Pure presente, anche se in minor misura, è l’impero economico che ruota attorno alla famiglia de Benedetti. Rodolfo de Benedetti, primogenito del più noto Carlo e marito di Emmanuelle de Villepin cugina dell’ex ministro degli esteri francese Dominique de Villepin, è presente agli incontri del 2003 e 2004 come Ceo della Cir, una holding attiva nell’energia (Sogenia), editoria (Espresso-la Repubblica), componenti auto (Sogefi) e assicurazioni sanitarie (Kos, legata alla francese Axa). Sempre riferibili alla Cir abbiamo il succitato Marco Panara, e Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica Limes. L’altro giornalista dei quattro che hanno presenziato agli incontri è la signora Gruber, che non a caso lavora per una testata televisiva che, all’epoca, era di proprietà di un grande gruppo industriale,Telecom Italia, diretto dal rappresentante italiano nello Steering, Franco Bernabè.
Un altro gruppo molto presente al Bilderberg è quello degli ex monopolisti di Stato, che rappresentano una grossa fetta del grande capitale italiano, mediante le multinazionali Telecom, Eni ed Enel, la prima privatizzata totalmente le altre due in parte. Eni è presente con tre personalità, nel 2001 con il presidente Gian Maria Gros Pietro, nel 2003 con Roberto Poli e nel 2006, 2010, e 2011 con Scaroni. L’Enel è presente con Scaroni nel 2003, 2004 e 2005, e con Fulvio Conti, che oltre ad esserne amministratore delegato è anche vicepresidente della Confindustria, nel 2010 e 2012. Eni e Enel rappresentano i campioni italiani in un settore industriale, quello energetico, che è il più rappresentato alle conferenze del Bilderberg, per ovvie ragioni strategiche. Sebbene si tratti di imprese ancora controllate dallo Stato, nel loro azionariato vi si riscontra una forte (anche se frammentata) presenza privata ed internazionale. Fu proprio durante i due mandati di Scaroni al vertice dell’Eni, che questa fu privatizzata anche se parzialmente. Dell’azionariato della multinazionale energetica il 30,10 per cento è controllato dallo Stato mediante il Mef e la Cassa depositi e prestiti, ma, ad esempio, Intesa San Paolo è presente con circa il 3 per cento e Bnp Paribas con il 2,5 per cento. Gli azionisti italiani contano il 47,83 per cento del totale, quelli anglosassoni (Gran Bretagna, Usa e Canada) pesano il 19,34 per cento e quelli del resto della Ue il 22,9 per cento. Anche in Enel, pur controllata dal Mef con il 31,2 per cento, gli investitori istituzionali – cioè istituti finanziari come banche e fondi di investimento – pesano il 37 per cento, una presenza, secondo il sito dell’azienda, «ben diversificata tra Europa continentale, Gran Bretagna e Nord America».
Tra i politici presenti, tre sono riferibili al centro-sinistra. Romano Prodi, presidente del Consiglio per due volte e presidente della Commissione Europea, nonché, come presidente dell’Iri, uno dei maggiori privatizzatori del patrimonio industriale pubblico. Abbiamo poi il solito Padoa-Schioppa, ministro delle finanze nel Prodi II, e soprattutto Enrico Letta, che non è propriamente uno qualsiasi. Allievo e stretto collaboratore del ministro Andreatta – l’uomo che aveva separato Banca d’Italia e ministero del Tesoro – e vicepresidente dell’Aspen Institute Italia (un’altra organizzazione dell’élite transnazionale), è stato più volte ministro ed è ora numero 2 del Pd (ne è il vice segretario). La sua presenza all’incontro del 2012 coincide con l’appoggio dato nello stesso periodo dal Pd al governo Monti e con l’endorsement offerto dai mercati finanziari e da The Economist alla candidatura a premier di Bersani115. Infine, Letta fa parte anche della Commissione Trilaterale, di cui Monti è stato presidente per L’Europa, ed è il collegamento tra il Pd e gli ambienti del capitale transnazionale. Non bisogna scordare, poi, la già citata Gruber che è stata candidata ed eletta per la coalizione di centro-sinisitra alle europee del 2004. Per il Pd non si tratterebbe, tuttavia, di una prima volta al Bilderberg, in quanto nel 1996 all’incontro di Toronto, secondo alcune fonti, sarebbe stato invitato anche Walter Veltroni, all’epoca direttore de «l’Unità». L’invito a Veltroni dovrebbe essere stato quantomeno preso in considerazione dal Bilderberg, come sembrerebbe provare una lettera inviata dall’organizzazione a William J. Perry, allora segretario alla Difesa Usa. Tuttavia, Veltroni ha smentito categoricamente di aver realmente partecipato all’incontro, minacciando di adire a vie legali. Inoltre, tra le presenze politiche è da considerarsi quella nel 2000 di Bernabè, che fu nominato rappresentante italiano per il Kosovo da D’Alema. Al Pdl-Forza Italia è ascrivibile il solo Tremonti, e al centro-destra anche Domenico Siniscalco, che, però, fu una specie di ministro tecnico dei governi Berlusconi II e III. Ad ogni modo, sia Tremonti che Siniscalco hanno avuto un rapporto quantomeno altalenante con Berlusconi, ed entrambi hanno rassegnato le loro dimissioni dall’incarico ricoperto. Riguardo a Tremonti, poi, bisogna ricordare che il suo è uno dei maggiori studi legali tributaristi a livello italiano ed internazionale, tra i cui clienti ci sono stati Fiat, Enel, Allianz e Goldman Sachs. Tra i suoi soci sono da annoverare il professor Enrico Vitali, membro dell’advisory board di Goldman Sachs e Lorenzo Piccardi, membro dell’American Chamber of Commerce in Italia.
In pratica, dalla nostra analisi si ricava l’impressione dell’esistenza di un network in cui tutti i partecipanti italiani sono collegati tra di loro e con punti di riferimento esteri. Ricorrono quasi sempre gli stessi nomi, sempre espressione dei due o tre circoli economici dominanti, che si alternano nel passarsi gli incarichi nello Stato nazionale, negli organismi sovrannazionali e nell’economia privata o semiprivata e nel far parte di quella che è una sorta di «delegazione» italiana all’incontro con il mondo del capitale transnazionale. In sintesi, il Bilderberg appare come il trattino d’unione, da una parte, tra la frazione italiana del capitale transnazionale e il mondo finanziario e industriale internazionale e, dall’altra parte, tra politici e alti burocrati italiani, con responsabilità economiche nazionali ed europee, ed il capitale transnazionale, segnatamente di provenienza anglosassone.
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